Angeli’s the light was at BASE Milano during design week 2024 sharing our findings on building our own lamps, the 300dpi printed image, the tension necessary in a good caption, making soft versions of hard things, microscale international rail freight logistics, and amateur contract law. If you visited and would like to talk further, you can reach us individually through the links above.
Quattro anni di tentativi per trovare una buona vita nell’Eindhoven industriale, la città della luce: l’esotico nell’ultralocale, l’intreccio di casa e fabbrica, l’intimo e il razionale. Energia spesa nell’evitare l’isolamento.
Dopo la scuola ci siamo trasferiti insieme a Bruxelles in una casa in avenue Montjoie di proprietà delle nobiltà fiamminga minore. Di fronte a un piccolo parco e in fondo alla strada da uno più grande. Solidamente costruita nella prima metà del ventesimo secolo senza noi in mente.
Lo adattiamo ai nostri scopi mentre cerchiamo e lavoriamo, bilanciando tra burn-out e bore-out, cercando di capire cosa fare in un mondo di urgenze infinite in cui la felicità individuale sembra sempre appoggiarsi all’esaurimento di innumerevoli altri.
Portiamo con noi, attraverso il passo del Brennero, frammenti di storie di amicizia, cene, bricolage, 400 coups; da Eindhoven a Brussels è da Brussels a Milano. Soluzioni temporanee che sono diventate risultati permanenti e specifici che possono essere utili anche altrove.
Siamo dotati di risorse sufficienti per costruire, cucinare e pubblicare. Speriamo di raggiungere la camera d’albergo promessa, che presto sarà annidata, ingombra, resa morbida e porosa per l’eredità industriale e domestica della città.
Malinconia, sprezzatura che invade le strade, vodka e amarezza nel dopo pranzo, Mastroianni che aggiusta una lampada, il lavoratore di mezzanotte del Carrefour 24 ore su 24, caffè isolati a 1 euro, scatole di banane e mercatini delle pulci, la risposta della città alla domanda su come vivere bene vita.
Italian translation courtesy of BASE Milano volunteers
Four years of attempts to find a good life in industrial Eindhoven, the city of light: the exotic in the ultralocal, the entanglement of house and factory, the intimate and the rational. Energy spent avoiding isolation.
After school we moved together to Brussels, in a house on avenue Montjoie owned by minor Flemish nobility. Across from a small park and down the street from a large one. Solidly built in the first half of the twentieth century without us in mind.
We adapt it to our purposes as we search and work, balancing between burn-out and bore-out, figuring out what to do in a world of infinite urgencies where individual happiness seems always to lean on the exhaustion of countless others.
We bring with us through the Brenner Pass fragments of stories of friendship, dinners, bricolage, 400 coups; from Eindhoven to Brussels and from Brussels to Milan. Temporary solutions that have become permanent and specific findings that could be useful elsewhere.
We’re equipped with enough to build, cook, and publish. We hope to reach the promised hotel room, soon to be nested, cluttered, made soft and porous to the industrial and domestic legacy of the town.
Melancholia, sprezzatura haunting the streets, vodka and bitterness after lunch, Mastroianni fixing a lamp, the 24/7 Carrefour midnight worker, isolated €1 cafes, banana boxes and flea markets, the city’s answer to the question of how to live a good life.